mercoledì 6 agosto 2014

E' Pop

"Eri, ho dovuto rilavare tutti i piatti e i bicchieri perché tu non ci riesci".

E' come ieri nella mia testa. E anche le sensazioni, le ricordo.
La mia faccia incazzata. La tua divertita sincerità. 

Ci sono onestà che mi hanno sempre affascinato. Anche quelle ripetute dopo un evidente segno di disapprovazione da parte dell'altro.
"Ma ti insegno a lavare i bicchieri se vuoi"
"Mi fa ridere come stai ai fornelli".

Ma anche quelle nascoste, che non dici ma dai o ricevi.
Un mazzo di chiavi che apre la porta di una casa.
Un cuore sbattuto in faccia.

Ci sono verità che, poi, si vogliono nascondere. Le si mette sotto i tappeti come i nani di Biancaneve nascondono la polvere facendo finta di pulire la casa. Rimandando a più tardi. 
Come si fa con le partenze imminenti a cui non si vuole dar retta.

Poi ci sono gli ingordi che di tappe e tempi fra l'una e l'altra non sanno conoscerne l'esistenza. 
Non è che non ci hanno provato. 
Probabilmente hanno impiegato anni a capire, rendersi conto, che non riescono a trovare il fondo delle cose.

E forse chi ha il tempo dentro si mangia tutto quello fuori facendo di ogni istante una sinfonia. Ininterrotta. Che a loop si ripete e quando finisce t'immobilizza. Ti mette in attesa di una rinascita.

Quante cose si dicono sul tempo. Sulle distanze. Sulle dimenticanze. Sull'imprecisione. Sul giusto e sullo sbagliato e sul cuore e sulla testa.
E sull'esperienza e la ragione.

Aspettare, aspettarsi. Lo fanno tutti senza rendersene conto.
Perché la consapevolezza dovrebbe fare diventare tutto ciò un problema?
Si tratta di soli 14397.67 chilometri di distanza e un po' di quel tempo che abbiamo comunque aspettato.

Poi ci sono momenti giusti. 
Quel gennaio era il momento giusto.
Il nostro.
Anche se con così pochi giorni a disposizione, quello era il nostro momento.

Ci sono tempi che esistono sempre, rimangono sospesi, ma non so dove...
Solo che s'inizia dopo, a volte molto dopo, a sentirli. 
E diventano ritmo. 
Diventano "pop".




giovedì 24 luglio 2014

Non so più scrivere

Oddio, ho riletto l'ultimo post che ho scritto. Sembra stessi per lasciare Milano il giorno dopo. In realtà ci sono stata fino all'ultimo. Fino a quando al gate dell'aeroporto ho tolto gli stivali e fieramente passato il controllo con le mie calze dell'Italia (giargiana inside), che ovviamente ho usato solo un'altra volta qui... Ma custodisco con amore.

Da quando sono qua non scrivo quasi più. Ci ho provato.
Ho portato un sacco di biro e tipo 2 o 3 diari. Non lo so perché visto che ora nella mia valigia azzurro/blu gigante non ci starà più nulla. E' che mi piace vedere la carta... Solo che qua ogni volta che cerco di buttar giù qualche frase poi non coincide con quello che vorrei esprimere e che è nella mia testa. Quindi lascio perdere, come farò ora... Perché vorrei raccontare così tante cose che non stanno nemmeno nella mia testa. 

Dovrei iniziare dalla prima settimana. E poi un mese. E' impossibile. Non ci riesco. C'è un flusso del tempo strano qua. Non lo capisco. E dire che ancora non mi sono spostata molto dallo stato del Victoria, forse nel New South Wales è ancora diverso.. Boh. So solo che non è che passa velocemente perché mi diverto e mi do alla pazza gioia. E' un tempo che non riesco a "salvare". Non lo posso organizzare e sembra che il tempo stesso si mangi le ore in cui avvengono in me cambiamenti; attimi di realizzazione che si fottono 5 giorni in un secondo e allora i mesi sembrano più corti.
Okay, non si capisce un cazzo. Insomma non ho mai sentito lo scorrere del tempo come lo sto sentendo ora. A volte non controllo la "data di oggi" per due giorni e sul calendario è già il mese successivo.

Sto pensando su cosa davvero vorrei soffermarmi per essere "brillante" e dire qualcosa di nuovo riguardo all'Australia... Ma tutti gli italiani qui hanno imbrattato Facebook di blog e agenzie assurde per venire qua. 
Ecco, questa è una cosa che va scritta: gli italiani che vengono in Australia che problema hanno? ... In questi mesi ne ho conosciuti davvero pochi e quei pochi erano specialissimi. Ma, oltre a questo... Non andrei mai in Lygon st ad un cavolo di aperitivo fra italiani a parlare di quanto stanno bene qua perché qua funziona tutto e in Italia nulla, ecc e luoghi comuni ecc e luoghi comuni. Anche perché... Se ti fa così schifo il paese da cui arrivi perché cerchi di riviverlo costantemente dall'altra parte del mondo?
Non sopporto questa mentalità. E non sopporto i paragoni. Paragonare due realtà così diverse. Non si "sta meglio" qui o là. "Si sta" come ci si adatta.. E dipende da troppe cose che è una rottura analizzare.

Da quando sono qua ho capito più cose di me stessa che nei miei lunghi pomeriggi in depressione domenicale in Italia, in attesa di un aperitivo salva -serata. 

Ho capito che:
  • non ha senso fare per tanto tempo delle cose che non ci piacciono. E che non ci fanno piacere. E che quel senso dell'obbligo che ci infliggiamo è solo perché infondo crediamo sia troppo difficile uscire da situazioni di "dovere". Ma... Il coraggio, che sembra una cosa enorme, è in realtà lì e aspetta di essere usato, ed è l'unico che serve per essere felici. La felicità è davvero una scelta. Non è la fortuna che te la manda. E' bellissimo che si possa scegliere di esserlo.  (Lo so. Non ho scoperto nessuna america ma per me è una grande svolta..)
  • La perfetta organizzazione è peggio del correre ai ripari. Se prenoti un biglietto aereo per "fra 3 mesi" per "andare in quel posto dove voglio assolutamente andare" non hai l'opportunità di cambiare idea e poi cambiarla di nuovo, e ancora. E ancora, ancora. :) Sto scoprendo essere bravissima in questo ed essere pronti ai cambiamenti può essere utile per cogliere "occasioni al volo".
  • Non mi piacciono le strade dritte e i quadrati. Okay, dovrei scrivere un libro sulle cose che ho pensato di scrivere al riguardo. Alcune molto romantiche e malinconiche. Sta di fatto che tutta sta cosa del "così non ti perdi", "è così facile da girare" ecc ecc vale solo i primi 10 giorni, dopodiché non ne puoi più del "drittume" e ti manca persino perderti e pensare "Ommioddio ma quel bar non era dalla parte opposta della città?!" e capire che non sai come sei proprio nella parte della città in cui non dovevi essere. Sì mi mancano molto le curve e gli angoli sorpresa. Ci sono vie minuscole dove mai penseresti di trovare dei bar anche qua... Ma, come fai a girare in bici in quadrati... ? Non è romantico.
  • Amo Melbourne. Sì, nonostante i quadrati e le strade dritte. Scendere dal treno in Flinders street mi fa ogni volta brillare gli occhi di gioia. Non c'è un clichè, non c'è un "modo di". Ognuno è diverso ed è bellissimo. Per adesso, però, i miei paragoni sono davvero magri considerando che non ho visto ancora le altre città. Ma sono già sicura che questa è la mia preferita
  • Non potrei mai vivere fuori dalla città per più di 3 mesi. E argomentarlo non avrebbe importanza. Questo l'avevo già capito in Italia, ma ora ne sono certa
  • Si può imparare tutto, a parte la musica alla quale si deve essere portati.. Come la danza. Ma per il resto direi che si può imparare tutto. Dopodiché dipende se ti piace fare quello che hai imparato. Allora trovi le tue doti
  • Il modo migliore per superare le paure è non pensarci e viverle, a volte cercarle
  • Non si dovrebbe quasi mai dire "no". Dì sempre di "sì" e poi vedi cosa succede. Considera anche il fatto di trovarti poi in una cacca totale ma dì quasi sempre di "sì"
  • Ci sono circostanze in cui sarai solo e magari non sopporterai quasi nessuno, allora è meglio sorridere
  • Non puoi discutere di una cosa con una persona che non ha vissuto dove hai vissuto da quando sei nato
  • Viaggiare da soli è l'unica possibilità che hai per apprezzare le qualità di ognuno senza arrivare a non sopportare nessuno (:
  • Consapevolezza = adattarsi pensando in grande, mantenendo i propri valori. (La sfida di una vita)
  • La distanza, il tempo e le esperienze ti fanno capire quali sono le persone di cui la tua vita non può fare a meno (e quando lo realizzi è quasi massacrante non poterle avere "qui-ora" per condividere-condividere-condividere)
  • ...... Boh.. Non lo so. Credo che spendere non so quanto per andare a studiare in una scuola coi controc***i faccia un centesimo di quello che un volo aereo sia in grado di dare e insegnare
  • Non dai più per scontato niente
Una cosa forse però è vera, a tutto questo c'è un tempo. Io dovevo fare tutto questo prima.
 

lunedì 27 gennaio 2014

Sei giorni

In 3 anni qui non ho mai imparato davvero le strade alternative per raggiungere lo stesso posto perché se ci provavo... Mi perdevo. Eppure, anche se non sei mia, cara Milano, io ti adoro comunque.
Meriteresti di essere vissuta di più da chi ti disprezza, da chi dice che qui è tutto grigio, che la gente è presa solo dal lavoro e corre senza concedersi quei minuti di relax in cui apprezzare i piaceri della vita.

La verità è un'altra. Ed è che non si possono fare paragoni.

Sarà che io arrivo da un buco di posto che secoli fa era una palude e ogni singola persona conosce l'altra, e ogni singola persona sa come aiutare l'altra ma anche come allontanarla. E sarà che si è talmente tutti "conosciuti" e "conoscenti" che non si fa altro che parlare dell'uno e dell'altro senza mai davvero raccontarsi a vicenda. Non disprezzerei mai il posto in cui sono nata, ma ho paura. Ho seriamente paura di tornarci anche solo per un mese.
O forse ho solo paura di lasciare quello che ho costruito qui... Fondamentalmente "quello di me" che è cresciuto qui.

Di Milano ho apprezzato...
L'anonimato della gente in Bande Nere e ho odiato l'idea che mi ero fatta di questa città vivendo in quella zona. Un anno fatto di weekend non trascorsi in un posto in cui ti sei appena trasferito è come aver perso l'opportunità di amarlo da prima.

Poi c'è stato V.le Gran Sasso, esattamente dalla parte opposta della città.
Il parquet che sembrava crollare sotto i piedi; una stanza condivisa gigante; rumorosa e nella quale entrava smog ogni giorno appena si apriva la finestra. Ma è proprio lì che ho iniziato a capire che ero nel posto giusto. Ed è lì che ho davvero imparato cosa vuol dire "convivere" e "condividere". Non sempre ti capitano ottime persone, ma è una cosa stupenda poter confrontarsi e contare circa su qualcuno... A volte di più, a volte meno.
In quell'anno ho conosciuto le tipiche persone che quando dici o non dici "restiamo in contatto" finisce che davvero "instauri un legame" che non ha bisogno di contatti... Che sai che in un qualche modo ti ritrova sempre. 

Un po' come la storia del filo dall'altra parte del mondo. Ma non ho voglia di scriverlo.

Poi si cambia strada, perché cambiare è bello. Ti fa crescere... Così dicono. E quindi mi sono trasferita di nuovo. In una stanza singola all'ottavo piano del palazzo più brutto e alto di Porta Venezia. La vista da quassù è speciale. La casa crolla a pezzi ma in qualche modo la gente che ci sta dentro la "tiene su", fra qualche litigio c'è sempre una comprensione, un ascolto che sai di poter trovare la sera più brutta e fredda d'inverno. I coinquilini sono anche questo.

Non c'è dubbio che quando tornerò a Milano, se in un qualche modo dovessi tornare, questa zona rimarrà tra la mia lista desideri nella sezione "vie in cui vorrei abitare".... I miei palazzi preferiti da guardare mentre cammini a testa in su sono tutti qua. I giardini, dove correre a qualsiasi ora del giorno e della notte, dove ci sarà sempre qualcuno che non ti farà sentire solo anche mentre fai il giro nel senso opposto a tutte le altre persone.

Nel mio mix di Milano ho inciso questi nel cuore:
Via Morgagni; il mercato in Benedetto Marcello e il pollo allo spiedo da quelli del banco simpatico; Corso Venezia; Il bar Picchio e Felice e il papà di Felice; il pavé in piazza della Repubblica al semaforo da valutare attentamente la mattina in bici; Via Eustachi e Via Bronzino; il cuore disegnato sul muro in Via Garofalo; la gelateria della Musica; il moscow mule del Frida; il Jubin in via Padova; Il Cafferino in V.le Gran Sasso; il mio parrucchiere in Via Felice Casati; il 5; il 14; Le mille uscite dalla fermata di Loreto; V.le Abruzzi; Viel; La gente in Corso Buenos Aires; Via Paolo Sarpi; Piazza Gae Aulenti..Via Ampere e la pasticceria...

Non ho mai avuto un "posto fisso/preferito" dove dicevo "vado e penso". La mia medicina migliore a Milano è uscire, ascoltare la musica e camminare, ma anche semplicemente guardare fuori dalla finestra e vedere la gente in terrazza che fa colazione, vedere i tetti, vedere il Duomo da lontano... E tutto quello che sta "sopra" Milano. Con lo smog e tutto il resto. Con gente che cammina per strada e prima o poi si incontrerà dopo essersi conosciuta... Perché Milano è piccola, in realtà. E quando la vivi è bellissima... In realtà.

domenica 25 agosto 2013

Pavé lucido

23.30 circa. Corso Buenos Aires.

L'aria è fresca e anche se torno a Milano dopo due settimane mi sembra di aver percorso questa via proprio ieri sera. 

Una coppia in Viale Regina Giovanna. Da lontano la gonna di lei sembra quella di una gitana e lui uno che vende rose. Me ne sto sul bordo del marciapiede. Non ho voglia di dire "No grazie", ma la situazione mi diverte.

Lei mette le braccia al collo di lui. Capisco che è una coppia in procinto di dirsi "Buonanotte" o "Addio".

Lui sembra schivo. E' più basso e brutto di lei. 
Lei dice: "...E il tuo beauty?"
Lui: "uhm?" (grugnisce)
Lei: "Vuoi venire su a prenderlo?"
Lui: "bah.."
Il mio passo non mi permette di ascoltare la risposta completa ma so benissimo che lui non vuole tornare su. Lei gli sta incollata. Lui è basso. Lei è sicuramente carina e più alta di lui, ma non capisce che non ne vale la pena di ridargli quel beauty.

Vado avanti, sorrido.

I parcheggi sono vuoti. Il deserto.
D'inverno qua la macchina non puoi nemmeno pensare a parcheggiarla. Anzi, al verbo parcheggiare non puoi assolutamente fare affidamento.
Ma ora... Fino a Settembre, hai tutto il posto che hai sempre desiderato per vivere. In tutti i sensi.

Noto quel cartello "Parcheggio Via Melzo". E penso che non ho mai nemmeno visto il Parcheggio di Via Melzo... 

Il semaforo è rosso ma passo. Passo comunque dopo un taxi che probabilmente era vuoto. Guardo il pavé, è lucido, probabilmente è piovuto un po' prima. Mi è un po' mancato.

Vedo la moto del mio coinquilino e mi assicuro ci sia la mia bici.

Non la vedo. 
Panico.
Guardo di nuovo. E' per terra.
L'affare in ferro a cui è legata è stato piegato quasi come per rubarla. 

La lego ad un palo gigante. Impossibile da piegare.
Passa un ragazzo. Mi fissa. Probabilmente perché pensa che io stia rubando la bici. Rido.

Apro il portone e chiamo l'ascensore.

Se penso che sono in questa città da gennaio 2011 mi sembra davvero molto strano. Un po' l'adoro io Milano.

lunedì 8 luglio 2013

Coperte

Avevo pensato che i legami, quelli forti: quelli magari nati da una stessa passione, le amicizie o gli amori che non lasciano tregua, che non fanno respirare, che sembrano andare al mille e per mille. 
Quelli che vivi in un sospiro... 
Pensavo che questi legami fossero indissolubili una volta stretti insieme, e che niente potesse scioglierli dall'oggi al domani; senza un motivo o un motivo non detto o un perché rimasto su un filo un po' fiacco del quale nessuno tiene gli estremi.

Ho cercato di tener teso il tessuto fatto di quei fili tra le mani, e dal loro intreccio un po' vissuto ne sono "usciti" tanti; tutti quelli che cercavano una coperta che metti e togli all'occorrenza.
Ma certi strappi  non si possono riparare all'infinito. Le toppe sono un po' come tornare ad aggiustare quelle coperte che usi ogni tanto. La gente se ne compra di nuove e via a via.. Ne accumula fino ad averne una montagna.
Una montagna inutile.




Stamattina ho visto una marea di persone darsi conforto a vicenda.
E mi sono resa conto che a volte ci si vorrebbe circondare di gente in grado di regalarci ricordi straordinari, ma che in realtà non saprebbe abbracciarci in un momento difficile; che non riuscirebbe a cercarci perché diversa da noi o alla quale non piace più come siamo diventati o semplicemente il tipo di vita che vogliamo condurre.

D'ora in poi voglio essere circondata dallo stesso tipo di persone che ho visto stamattina: da "chi saprà" di esserci per me non per quello che faccio adesso o per le volte che beviamo insieme... Ma per quello che sono, per come "ci sono". E per come ci sarò. E chi sarò.


giovedì 6 giugno 2013

Cenerentola

Quando ho capito che era quello che cercavi.

Volevo essere la damigella vestita di rosa con un fiocco in testa ad una festa celebrata sotto un cielo azzurro.

Volevo essere la ragazza timida seduta nell'ultima fila per non farsi vedere da nessuno.

Volevo essere la bambina coi capelli lunghi e scuri, quella che li usava per nascondersi da tutti.

Volevo ascoltare musica classica sconosciuta al mondo; collezionare oggetti d'antiquariato; mangiare solo frutta caduta dagli alberi e caramelle, per compensare una determinazione che per la mia immagine sarebbe stata davvero troppo forte.

Volevo fare volontariato, essere importante per il bene degli altri in qualche modo.

Volevo non badare più all'aspetto; essere magra solo perché non avevo tempo di mangiare e non perché lo volevo davvero.

Volevo essere la ragazza dai capelli castani, sobria e riservata.

Volevo conoscere tutti, vedere tutti ma non essere davvero attaccata a nessuno.

Volevo spiccare per la mia gentilezza ed essere notata per il mio altruismo.

Volevo allevare animali in un bosco nascosto, lontano dalla città, e cucinare in maniera divina, ma soprattutto genuina.

Volevo essere fragile: piangere per un film che parlava di un animale abbandonato e commuovermi per la luna piena.

Volevo comandare a me stessa di fare tante cose che ti sarebbero piaciute; le stesse cose che non sono me.




La forza penalizza.

giovedì 23 maggio 2013