"Eri, ho dovuto rilavare tutti i piatti e i bicchieri perché tu non ci riesci".
E' come ieri nella mia testa. E anche le sensazioni, le ricordo.
La mia faccia incazzata. La tua divertita sincerità.
Ci sono onestà che mi hanno sempre affascinato. Anche quelle ripetute dopo un evidente segno di disapprovazione da parte dell'altro.
"Ma ti insegno a lavare i bicchieri se vuoi"
"Mi fa ridere come stai ai fornelli".
Ma anche quelle nascoste, che non dici ma dai o ricevi.
Un mazzo di chiavi che apre la porta di una casa.
Un cuore sbattuto in faccia.
Ci sono verità che, poi, si vogliono nascondere. Le si mette sotto i tappeti come i nani di Biancaneve nascondono la polvere facendo finta di pulire la casa. Rimandando a più tardi.
Come si fa con le partenze imminenti a cui non si vuole dar retta.
Poi ci sono gli ingordi che di tappe e tempi fra l'una e l'altra non sanno conoscerne l'esistenza.
Non è che non ci hanno provato.
Probabilmente hanno impiegato anni a capire, rendersi conto, che non riescono a trovare il fondo delle cose.
E forse chi ha il tempo dentro si mangia tutto quello fuori facendo di ogni istante una sinfonia. Ininterrotta. Che a loop si ripete e quando finisce t'immobilizza. Ti mette in attesa di una rinascita.
Quante cose si dicono sul tempo. Sulle distanze. Sulle dimenticanze. Sull'imprecisione. Sul giusto e sullo sbagliato e sul cuore e sulla testa.
E sull'esperienza e la ragione.
Aspettare, aspettarsi. Lo fanno tutti senza rendersene conto.
Perché la consapevolezza dovrebbe fare diventare tutto ciò un problema?
Si tratta di soli 14397.67 chilometri di distanza e un po' di quel tempo che abbiamo comunque aspettato.
Poi ci sono momenti giusti.
Quel gennaio era il momento giusto.
Il nostro.
Anche se con così pochi giorni a disposizione, quello era il nostro momento.
Ci sono tempi che esistono sempre, rimangono sospesi, ma non so dove...
Solo che s'inizia dopo, a volte molto dopo, a sentirli.
E diventano ritmo.
Diventano "pop".